Il borgo delle meraviglie

Tanti anni fa arrivai qui quasi per caso in un borgo semi abbandonato della terra d’Abruzzo, S. Stefano di Sessanio. Mi ero perso per le vie sterrate intorno ad un castello Medioevale, la Rocca di Calascio, e vagando per quei territori giunsi infine in una strada asfaltata che risaliva a mezza costa la montagna per arrivare a Campo Imperatore, l’Altopiano collocato a Sud Est del Gran Sasso d’Italia. Al di sotto di questa strada apparve il borgo incastellato lambito da un piccolo lago creato da una fonte sorgiva naturale.

Nel borgo antico e nel paesaggio agrario circostante non vi era segno alcuno del ventesimo secolo, tutto si era fermato come al tempo passato. Solo il borgo di pietra che si fondeva con un paesaggio rurale ricco di segni di antiche pratiche ormai in disuso. Erano anni che cercavo luoghi dove ancora non si era corrotto questo paesaggio. Andai dal mio commercialista e gli spiegai le potenzialità di questo borgo paradossalmente salvato dall’abbandono e dai drammatici destini di emigrazione che hanno dissanguato il Sud Italia. Gli spiegai che immaginavo una possibile ridestinazione per queste terre intense e desolate. Ed ecco che prese vita il progetto…

Era il 2000 e quel viaggio in moto – che rappresentava anche la sua fuga definitiva dalla città – cambiò radicalmente la vita di Daniele Kihlgren, imprenditore italo svedese che, con occhio visionario e forse un po invasato, diede vita a un progetto incredibile: Sextantio, un albergo diffuso con 29 camere, con annesso un’antica cantina, il ristorante, la sala meeting e la reception, valorizzando edifici un tempo adibiti a fienili, stalle, porcili, cantine e alloggi per agricoltori e pastori.

Incastonato tra il Parco Nazionale del Gran Sasso e i Monti della Laga, a oltre 1250 metri di altitudine, S. Stefano di Sessanio è un gioiello medievale che visse momenti di grande splendore sopratutto grazie ai Medici, i grandi signori di Firenze, che incoraggiarono il commercio locale e la produzione di tessuti. Proprio a Santo Stefano, stazione di riposo dei pastori transumanti, si cominciò infatti a produrre la lana Carfagna che veniva poi lavorata a Firenze e venduta in tutta Europa.

Spinto da una buona dose di coraggio e dalla solida convinzione che non c’è alternativa valida se non quella di un turismo etico e rispettoso dei luoghi, nasce con il Sextantio un modello di restauro conservativo che mette in primo piano l’integrità originaria del patrimonio locale, la coralità del borgo intero, il suo aspetto arcaico e quell’ancestrale rapporto con il territorio.

Ad interessare l’imprenditore, infatti, è la “storia minore”, quel frammento di storia tutta italiana fatta di piccoli dettagli che si fanno testimoni di una fitta trama di rapporti tra le genti e i luoghi, dettagli da riscoprire e valorizzare.

Ed eccolo allora che la tutela del patrimonio storico e culturale e del luogo diventano l’orientamento del progetto di recupero, dove nulla viene lasciato al caso. Nelle ristrutturazioni degli immobili lasciammo intatte le testimonianze di questo vissuto così pregno dell’anima profonda del luogo. Questa scelta ci ha portato alla preservazione delle piccole finestre, della luce fioca, dei pavimenti irregolari e alla scelta dei singoli dettagli, come saponi artigianali non profumati, ottenuti da olio di oliva e un sapone per capelli all’olio di lupini, realizzato secondo un’antica ricetta riscoperta dalla medicina popolare. Anche i bagni sono stati ricavati “a vista” nelle camere per non alterare le strutture originarie che affacciano sulle stradine del borgo.

Per la ricerca dei materiali e la ricostruzione degli ambienti, Daniele ha coinvolto il Museo delle genti d’Abruzzo di Pescara e grazie alle testimonianze orali (anche qui, un preziosissimo recupero della tradizione orale) sono state ripristinate le antiche tecniche di tessitura tutt’ora utilizzate per cucire le lenzuola dell’albergo. Sono state recuperate persino le ricette dell’antica cucina popolare resa possibile grazie all’inserimento in produzione di sementi scomparse e delle tradizionali tecniche di trasformazione. Alla “Locanda sotto gli Archi”, la tavola del Sextantio dove tutti i tavoli e le sedie sono precedenti al XX secolo, vengono proposti solo piatti della tradizione e anche la cucina diventa il racconto di un tempo e di un luogo lontano tenuto oggi ancora meravigliosamente in vita.

Quando Daniele arrivò nel borgo vivevano non più di una decina di persone e la maggior parte degli edifici erano in avanzato stato di degrado, come gran parte delle aree interne del nostro paese. Oggi, grazie alla sua lungimiranza, S. Stefano di Sessanio risplende di una luce nuova e rappresenta un’attrattiva incredibile che muove inevitabilmente un indotto locale importante. Oggi il Sextantio Albergo Diffuso propone esperienze di ampio respiro con l’intento principale di tramandare usi costumi sapori e saperi agli ospiti e far rivivere loro le suggestioni di un tempo: dalla raccolta dello zafferano alla tessitura del telaio con le antiche tecniche e gli strumenti originali, dalle lezioni di cucina domestica abruzzese alla panificazioni di grani antichi e tantissimo altro. Un soggiorno incredibile per tornare indietro nel tempo e rivivere gli antichi splendori.

Dopo S. Stefano di Sessanio, l’attenzione dell’uomo che riporta in vita i borghi abbandonati si sposta ancora più a Sud, verso i Sassi di Matera, simbolo per eccellenza di quella storia minore legata purtroppo ad una condizione di povertà estrema dell’essere umano in Meridione.  

Il resto della storia prosegue qui

 

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